Pubblichiamo un interessante contributo inviatoci da Maddalena Celano, giornalista e studiosa di America Latina, sulla sua ‘visita – non visita‘ al quartiere a luci rosse di Amburgo.

Il giorno 23 luglio 2022, nel pomeriggio, ho visitato Reeperbahn, la zona a luci rosse di Amburgo. Reeperbahn è la famosissima strada di Amburgo situata nel quartiere di St. Pauli, lo storico quartiere popolare ed operaio di Amburgo, in passato abitato prevalentemente da lavoratori portuali. Reeperbahn è il centro del quartiere a luci rosse e dunque della vita notturna più “trasgressiva” della città.


La “zona a luci rosse” è composta da una strada chiusa, la Herbertstraße, severamente interdetta e proibita a donne e minorenni, in cui si trovano esposte in vetrina, come pezzi di carne dal macellaio, le donne in stato di prostituzione.
La Herbertstraße, con le donne esposte in vetrina, è blindata. Herbertstraße è una strada chiusa tra due enormi e pesanti cancelli rossi, in metallo, in cui è possibile entrare soltanto attraverso una porticina laterale, su cui al massimo ci si può affacciare (se si è una donna), stando attente a non farsi scoprire. 

Alla sinistra dei cancelli rossi, si trovano distributori automatici di preservativi e sex toy. Al latere della Herbertstraße, si possono trovare birrerie e pub, con numerosi ubriachi molesti ai tavoli e cameriere/i in evidente stato di “alterazione”, tatuate/i e butterate/i. Ovvero: trattasi di una tipologia di “cameriere/i” estremamente diversa da quelle/i diffuse/i e richieste/i nei quartieri “borghesi” o nei normali quartieri “residenziali”.
Lungo la Reeperbahn  si trovano molti locali di striptease e sexy shop ma anche ristoranti, nightclub, pub, locali dove bere qualcosa, ascoltare musica live e ballare, come l’Academy, il Molly Malone Pub e la celebre discoteca Docks. La Reeperbahn e i suoi dintorni ospitano anche il St. Pauli Theater, l’Operettenhaus e il Casinò Reeperbahn. Insomma: casini e casinò. Inoltre, nella vicina Große Freiheit ci sono club che divennero famosi negli anni Sessanta per la loro scena musicale: qui infatti suonarono i Beatles all’inizio della loro carriera.
Durante il nazionalsocialismo c’era il divieto di spogliarello e prostituzione per strada e nei locali residenzali. Ma a St. Pauli non potevano eliminare il tipico business. Quindi fu consentito solo in una strada stretta: la Herbertstraße. Per far vedere a nessuno cosa è ufficialmente proibito, il capo del distretto nazista ha fatto costruire le barriere su entrambe le estremità, nel 1933.
Da precisare che la prostituzione fu proibita solo in ambito civile, certamente non in ambito “militare”: per i militari si conservarono gli appositi “postriboli”, persino all’ interno dei lager. Tale divieto si rese tuttavia pressoché impossibile nel quartiere St. Pauli di Amburgo (trattandosi di un “business” ormai radicato), dove la Reeperbahn e le vie limitrofe come la Herbertstraße rappresentarono dunque un’eccezione.
Comunque risale a quell’epoca la chiusura della strada tramite alcune barriere: la scelta operata dai nazisti pare comunque non fosse stata fatta a garanzia delle prostitute e della loro “privacy”, quanto semplicemente per “nascondere” il più possibile questa via licenziosa, ufficialmente “illegale”. Oggi, una “retorica buonista” quanto falsa, fa riferimento alla “protezione della dignità delle ragazze” quanto, in realtà, come al solito, si desidera proteggere prevalentemente il “santo cliente” e il suo diritto di “stupro a pagamento”, dai soliti sguardi “indiscreti” (soprattutto quelli delle donne).  Tale divieto, che è stato ribadito durante gli anni settanta, nasce come “suggerimento” delle forze di polizia che controllano il quartiere: le prostitute reagiscono in malo modo nei confronti dei “trasgressori”, in particolare nei confronti delle donne, che possono venir accolte dal lancio di uova marce o di gavettoni (anche d’acqua bollente!).
Questo differenzia sostanzialmente la Herbertstraße dal quartiere a luci rosse di Amsterdam “De Wallen”, il più grande quartiere a luci rosse d’Europa, dove è consentito a frotte di turisti e curiosi di passare tranquillamente di fronte alle vetrine con le prostitute in bell’evidenza, senza che il luogo sia contrassegnato dalla presenza di barriere o divieti. Dopo una certa ora, dopo le 22:30, le donne “curiose” che si avvicinano al quartiere, non solo rischiano di essere maltrattate dalle presunte prostitute, ma rischiano direttamente aggressioni poliziesche. La polizia si lancia sulle ragazze e le trascina fuori, strattonandole. Sono comuni le “retate” poliziesche contro le “donne curiose” nel quartiere Reeperbahn.
Le presunte prostitute “autoderminate” (così affermano i fan del “sexworkismo”), in realtà, sono soggette al forte regime poliziesco. Al fianco del St. Pauli Theater c’è un enorme edificio appartenente alla Polizia di Stato tedesca, un corpo adibito e specializzato solo al “contenimento” del fenomeno prostitutorio, corpo di polizia onnipresente vicino ai vari postriboli “legali” della Germania.
Non ci sono cifre affidabili su quante persone lavorino nell’industria del sesso. Entro la fine del 2018, solo 32.800 persone (cifra risibile giacché, in Germania, i postriboli legali sono diverse centinaia) si erano ufficialmente registrate ai sensi della legge sulla protezione delle prostitute. In realtà, nonostante la legge tedesca imponga  una regolare “registrazione”, la stragrande maggioranza delle prostitute, anche in Germania, continua ad evitare la “registrazione”, continuando a preferire, di gran lunga, il “lavoro nero”.
Su questo costante rifiuto, da parte delle prostitute (verso la regolamentazione), dovrebbero interrogarsi le “sexworkiste” che esaltano il modello regolamentarista che, a quanto pare, non starebbe funzionando affatto: il lavoro nero, in prostituzione, resta una costante. 
Secondo l’Ufficio federale della polizia criminale tedesca, nello stesso anno, sono stati identificate diverse centinaia di casi di tratta di esseri umani, in cui circa 430 persone sono state vittime di sfruttamento sessuale.
Nel 2010, è stato presentato da un investitore un piano per acquisire alcuni edifici della via ed aprirvi un’esposizione intitolata “Sexarbeit” (il “lavoro del sesso”). Il piano ridurrebbe di circa 11 metri l’area riservata all’esercizio della prostituzione e continua a vietarne, alle donne e ai minori di 18 anni, l’ ingresso.
Tradizionalmente l’attività pare venga esercitata senza la mediazione di “protettori” ma, in realtà, esiste anche un sindacato dei “protettori” (perciò i protettori esistono: eccome!), e gli appartamenti sono tutti gestiti dalle prostitute più “anziane” (le “madame” o “maman”) che riscuotono laute percentuali sulle prestazioni delle ragazze più giovani, oltre ad un gravoso “affitto”.
Si sarebbe affermato, quindi, un nuovo “papponaggio femminile” e amato dal falso progressismo, in cui sono le donne più anziane a trarre profitto dallo sfruttamento massivo dei corpi delle giovani migranti, giacché non sono e non saranno mai le tedesche della piccola, media o alta borghesia ad “autodeterminarsi” felicemente nei “patriottici”  postriboli legali.