Quali sono le sfide poste dalla tutela della salute mentale delle donne migranti? Quali gli insegnamenti che ne possiamo trarre?
A tali domande ha cercato di rispondere il convegno organizzato dalle associazioni IROKO, presieduta da Esohe Aghatise, e AURA – che opera nell’area di Bassano del Grappa ed è guidata da Chiara Parolin – in occasione della pubblicazione del rapporto “Salute e Benessere Mentale delle Donne Migranti” della Rete Europea delle Donne Migranti (European Network of Migrant Women – ENOMW).

La rilevanza ma anche l’originalità dell’evento ‘Donne, Migrazione e Salute Mentale’ è stata subito sottolineata da Antonio Soggia dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune di Torino, nonché tra i redattori del Rapporto Uguaglianze di Genere prodotto dall’IRES Piemonte nel 2019. Ancora oggi, il mondo della medicina e la sanità in generale continuano a basarsi sull’uomo falsamente universale trascurando le irriducibili differenze sessuali tra donne e uomini. Trattare della salute di donne migranti è già un fatto eccezionale in un contesto in cui non c’è ancora una risposta adeguata ai bisogni sanitari delle donne in generale. “La donna è discriminata in quanto donna e a maggior ragione quando è straniera” ha scandito Ruth Kiyindou, medica e vice-presidentessa dell’Associazione Mosaico

Oltre al mito dell’uomo come modello universale, è stato anche messo in discussione quello dell’esistenza di una presunta medicina universale, che in realtà ha radici nella cultura occidentale. Roberto Beneduce, etno-psichiatra e antropologo, tra i fondatori dell’associazione Frantz Fanon, è stato severo nei confronti dell’inabilità della medicina occidentale di rimettere in discussione vecchi paradigmi, perpetuando categorie e categorizzazioni paralizzanti. Ha inoltre avvertito contro il rischio di relegare la cultura all’alterità, cioè l’incapacità di vedere che in realtà ognuna fa parte di una cultura e interpreta il mondo dal punto di vista di quella cultura. In un paese in cui multiculturale significa non-italiano, questa riflessione è parsa più che urgente.

Abbiamo molto apprezzato la forte e decisa tonalità politica dell’evento privo di giri di parole. Ancora Beneduce, anche professore di antropologia presso l’Università di Torino, ha parlato del potere neutralizzante della cultura. Spesso presentata come un dato di fatto, la “cultura” trattata in modo astratto oscura i rapporti di potere in atto nella cura delle donne migranti. “La questione della cura mentale non è mai una questione neutra o neutrale” ha aggiunto Simona Taliani, psicologa e antropologa, anche lei nell’associazione Fanon, oltre che docente universitaria. Taliani ha infatti denunciato il modo in cui “si psico-patologizza il comportamento delle donne migranti”, moltiplicando e concentrandosi sulle diagnosi senza che le istituzioni politiche e sanitarie prendano davvero sul serio le sofferenze delle pazienti.

Un esempio concreto di ciò che è stato denunciato è quello della prostituzione menzionato dalla relatrice Alyssa Ahrabare, coordinatrice di progetti per ENoMW. La domanda di prostituzione nei paesi di accoglienza genera considerevoli movimenti migratori e di conseguente tratta, come ha ricordato Taliani. E le istituzioni, che hanno il compito di accompagnare le donne migranti, non mostrano uno sguardo critico sulla prostituzione, rendendosi così complici del sistema di sfruttamento, secondo quanto espresso da Donatella Giunti, funzionaria assistente sociale della prefettura di Torino. Chi si limita a provvedere vitto e alloggio senza offrire percorsi di fuoriuscita alle donne in situazione di prostituzione fa il gioco dei trafficanti e degli sfruttatori, che si trovano ad essere sgravati persino delle spese di sostentamento per le donne che sfruttano. Peggio ancora è chi tratta la prostituzione come semplice lavoro, ha asserito Roberto Beneduce, rendendo invisibili i danni della violenza maschile e tagliando alla radice ogni possibilità di tutela della salute fisica e mentale delle donne migranti.

Alla base dei problemi menzionati sono rapporti di potere che rendono difficile un incontro reale su un piano di uguaglianza fra operatrici sanitarie e pazienti. Ci si riferisce ad incontri necessariamente in presenza, fisici, che occupano uno spazio, anche quando il focus riguarda il benessere mentale, ha ricordato la psicoterapeuta Claudia Corsini — spazzando via così un altro mito, quello del dualismo cartesiano corpo/mente —, relazione nella quale la paziente deve essere considerata non come una straniera ma nella sua piena umanità.

Le proposte di cambiamento sono in atto e coinvolgono alcuni territori che operano a livello locale. Un esempio innovativo nell’ambito della salute è nato di recente a Vicenza. Angela Di Biase ha esposto il lavoro dell’ambulatorio Popolare Caracol Olol Jackson, di cui è presidente, che provvede ai bisogni di 270 pazienti. Mirella Aurora Rau, mediatrice, ha presentato l’esperienza quasi trentennale dell’associazione Camminare Insieme, fondato nel 1993, e che offre un servizio completo alle donne migranti, includendo le loro figlie e i loro figli, anche con visite domiciliari e progetti specifici come quello per le donne e bambine rom — sempre in presenza di mediatrici culturali. Il ruolo fondamentale della mediazione è stato ribadito più volte, perché una mediatrice culturale non si sofferma a tradurre ma stabilisce un vero ponte “che decodifica le parole e i comportamenti delle donne migranti”, secondo Esohe Aghatise.

Le problematiche sono tante, ma altrettante le soluzioni. L’indignazione stessa può “diventare pressione e agente di cambiamento” come ha suggerito Donatella Giunti. E come ha fatto bene a ricordare al pubblico Ruth Kiyindou, rileggendo l’articolo 32 della costituzione italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. La tutela della salute di tutte le donne non è un’opzione ma un obbligo, è un diritto che deve essere garantito.

Per chi volesse approfondire a breve saranno resi pubblici sia la registrazione completa dell’evento (comunque visibile in streaming sulla pagina facebook di Iroko ) sia gli atti del convegno.