Continua da Un caffé con… Resistenza Femminista (parte I)

I. Libertà sessuale e libertà di prostituirsi assumono quindi lo stesso valore secondo i sostenitori dell’industria del sesso.

C.  In pratica sì. Le persone prostituite sono definite sex workers perchè la prostituzione sarebbe un lavoro come un altro. Il termine sex worker è stato adottato per la prima volta dalla polizia statunitense negli anni Settanta per normalizzare l’industria del sesso. Questo termine è poi stato ripreso sempre negli anni ’70 da Priscilla Alexander, esponente del gruppo COYOTE, che dichiarava di essere una “sex worker” in quanto durante i 4 anni trascorsi al Bennington College aveva fatto sesso con così tanti uomini da potersi definire una ‘puttana’.


COYOTE è stato fondato nel 1973 da una fazione liberale del movimento hippie, la loro tesi era che la prostituzione fosse espressione della liberazione sessuale. COYOTE riceveva finanziamenti sia da Playboy che dalla Chiesa Metodista della California. Eliminazione dei reati di favoreggiamento e sfruttamento e liberalizzazione del mercato del sesso erano il cardine delle loro richieste, ma non si trattava di un sindacato delle donne prostituite. Facevano parte del gruppo anche sfruttatori e clienti in linea con il pensiero liberista, per cui il mercato del sesso consisteva nella transazione economica privata tra due adulti, lo sfruttamento scompariva e il pappone si trasformava in imprenditore. In contrapposizione a COYOTE e i suoi obiettivi politici liberisti si formò negli stessi anni un altro gruppo costituito da donne prostituite: WHISPER (Women Hurt in Systems of Prostitutions Engaged in Revolt). Secondo loro la prostituzione è una forma di violenza, nonché violazione dei diritti umani, che non si combatte depenalizzando gli sfruttatori, ma lottando contro l’industria del sesso e dando alle donne prostituite delle vere alternative alla povertà. L’esponente principale del gruppo Vendita Carter è autrice anche di un’importante riflessione sull’intreccio tra discriminazione di genere, razza e classe. Le donne di colore, le asiatiche, le indigene sono tra le più colpite da sfruttamento e violenza nell’industria del sesso statunitense e non solo. Tutto questo può essere fermato solo mettendo fine alle condizioni di abuso e indigenza economica nelle quali queste donne sono costrette a vivere. Per questo i programmi di uscita previsti dal modello nordico sono essenziali nella lotta contro il sistema prostituente.

Attualmente sono molti i movimenti e le associazioni di sopravvissute e donne prostituite che lottano contro l’industria del sesso. Il nostro collettivo lavora a stretto contatto con SPACE International e altri gruppi come Survivors for Solutions, The Organisations for Prostitution Survivors, Breaking Free, Asian Women Coalition Ending Prostitution, Indigenuos Women Against the Sex Industry.
Le voci di queste donne rappresentano il cuore e il motore del movimento abolizionista internazionale. Soltanto ascoltando e riconoscendo soggettività e forza politica alle voci di chi ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza dello sfruttamento nella prostituzione è possibile mettere in atto una vera azione politica per mettere fine alla tratta e ad ogni forma di violenza nell’industria del sesso.
La loro voce subisce spesso tentativi persecutori di censura da parte di esponenti di gruppi politici che si definiscono rappresentanti delle sex-workers, ma che come COYOTE accolgono al loro interno sfruttatori che si definiscono “imprenditori” e clienti. Due casi in particolare hanno fatto scandalo di recente: Douglas Fox proprietario di una delle più importanti agenzie di escort britanniche, esponente di punta dell’International Union of Sex Workers, e Alejandra Gil vice presidente del Global Network of Sex Workers Projects, di recente condannata a 15 anni per tratta in seguito alla testimonianza di una ragazza costretta a prostituirsi da lei e suo figlio. Entrambi sono stati consultati da Amnesty International che ha deciso, sostenendo la depenalizzazione degli sfruttatori, di ignorare le voci delle più vulnerabili nell’industria del sesso, quelle come le attiviste di SPACE che hanno subito violenze e sfruttamento.
La tesi portata avanti da questi gruppi come il Global Network of Sex Workers Project è che la tratta sia un fenomeno minoritario che è già combattuto con le leggi vigenti nei vari paesi, mentre la prostituzione libera non deve essere ostacolata e che quindi anche le cosiddette “parti terze” implicate nella prostituzione – proprietari di bordello o agenzie di escort come quella di Fox -, devono essere depenalizzate.

I. Questa richiesta sembra rappresentare di fatto un tentativo di depenalizzare lo sfruttamento e quindi la stessa tratta. E voi di Resistenza Femminista l’avete spiegato in questo articolo.

C. Tra l’altro, come spiegano le attiviste di SPACE, non è possibile separare nettamente tratta e prostituzione dal momento che sono due fenomeni intrecciati in modo inequivocabile: la tratta esiste perché esiste il sistema prostituente, i trafficanti procurano le donne laddove la domanda del mercato del sesso cresce, come nel caso della Germania. Più la domanda aumenta più è necessario cercare donne nei paesi poveri, dove è facile sfruttare la povertà delle famiglie da cui provengono le ragazze spesso minorenni. Nella Germania dei maxi bordelli ci sono sopratutto ragazze giovanissime dell’Est Europa proprio per questo motivo.

I. Ciò che dici è ben spiegato qui dall’organizzazione americana CATW (Coalition Against Trafficking in Women), anch’essa partner di Iroko in molteplici progetti, e all’interno del Protocollo di Palermo (2000), che dà una chiara definizione di trattaLo scorso 6 aprile l’Assemblea Francese ha approvato una legge che garantisce assistenza alle persone prostituite e condanna i clienti. Il Parlamento considera quindi l’acquisto di atti sessuali come sostegno allo sfruttamento e alla tratta. Insomma, un riconoscimento del valore del modello nordico.

C. Direi proprio di sì. La legge offre sostegno e programmi di uscita rivolti a donne prostituite, attraverso aiuti in denaro, alloggio, formazione, permessi di soggiorno per le straniere, e punisce i compratori ammettendo di fatto che l’esistenza della prostituzione favorisce il traffico di donne e bambini. Del resto, in Germania, Spagna e Nuova Zelanda, che hanno tentato di regolamentare la prostituzione, la tratta di donne è aumentata. La legge francese è stata fortemente sostenuta da SPACE, appoggiato dalle femministe francesi, ed è frutto di un lungo percorso, che già nel 2014 aveva raggiunto un primo traguardo fondamentale con l’approvazione del Rapporto Honeyball da parte del Parlamento Europeo. In sostanza, l’uguaglianza di genere è possibile solo se si elimina la violenza di genere, e quindi si supera l’ottica moralista e maschilista imperante che colpevolizza le donne.
Nel modello nordico, attuato per primo in Svezia fin dal 1999, l’attenzione si sposta sulla domanda e non sull’offerta, e la legislazione diviene strumento fondamentale per abolire, e non proibire, l’acquisto di atti sessuali. La differenza fondamentale con il modello proibizionista infatti è proprio il concetto femminista che i diritti della donna prostituita debbano essere messi al centro: la donna che si trova nella prostituzione non viene penalizzata e se decide di uscire dall’industria le deve essere offerta assistenza sanitaria gratuita, aiuti finanziari, per inserirsi nel mercato del lavoro ecc.

I. Secondo il modello svedese, dunque, il sistema prostituente è sintomo delle disuguaglianze economiche e sociali tra donne e uomini, che permangono anche nelle società più democratiche. Qual è la posizione dell’Italia in tutto ciò?

C. In Italia il dibattito sul sistema prostituente ha visto la contrapposizione tra proponenti della riapertura delle case chiuse, come Salvini o il gruppo dei 100 parlamentari che hanno sostenuto la legge Spilabotte, e chi invece crede che la legalizzazione aumenterebbe drammaticamente la tratta e permetterebbe alla criminalità di sfruttare le donne sotto la copertura dello Stato Pappone. Ci siamo opposte da subito alla proposta di legge Spilabotte e una nostra petizione ha raccolto più di 150 firme da organizzazioni internazionali. Un’altra petizione analoga a favore del modello nordico promossa dalle nostre alleate UDI Napoli e Associazione Salute Donna ha ottenuto numerose adesioni. In collaborazione con Iroko Onlus e Equality Now abbiamo lanciato un mail bombing internazionale diretto al nostro Parlamento. Il presidente del Senato Grasso ci ha scritto per dirci che era assolutamente d’accordo nell’opposizione alla proposta di legge Spilabotte. Le proposte di legalizzare la prostituzione hanno incontrato anche una forte opposizione in Parlamento. La recente approvazione del Piano Nazionale Antitratta conferma che si sta lavorando nella giusta direzione in quanto si ammette che la lotta alla tratta può funzionare solo colpendo la domanda ovvero i clienti che comprano le schiave oltre agli sfruttatori. Da pochi mesi poi è stato presentata anche un’ altra interessante proposta redatta dall’on. Caterina Bini che mantiene la legge Merlin, ma introduce la penalizzazione del cliente. Non si tratta di vero modello nordico, ma Bini, che abbiamo incontrato di recente, si è dimostrata molto disponibile all’ascolto e alla possibilità di implementare la legge.

I. In questo articolo proponete una interessante analisi critica sul disegno di legge Spilabotte, che può essere utile a chi legge.
Ringraziando Chiara chiudiamo con una nota positiva e ricordiamo anche che il Comitato per l’applicazione della legge Merlin, nato lo scorso anno e di cui fanno parte sia Resistenza Femminista che Iroko, ha bloccato l’apertura di un quartiere a luci rosse a Milano e a Roma, nell’ottica di garantire la piena applicazione della legge n.75/58.
Dunque, la resistenza è donna, in qualunque tempo e in qualunque luogo.