Donne ieri, donne oggi.
Che cosa è cambiato dal 1946 ad oggi?
Nel 1946 si aprì per le donne italiane il percorso di partecipazione attiva alla vita politica. Dalla cabina elettorale fino ad oggi i passi sono stati molti, importanti e a settanta anni dalla grande conquista del voto è opportuno fare una riflessione sui diritti della donna nella società attuale.
È stato questo il pensiero che ha mosso la Rete per l’ accoglienza al femminile di Parma ad organizzare il convegno Donne ieri e oggi, a cui anche noi abbiamo preso parte.

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Ideati proprio come un itinerario di riflessione in più tappe, gli incontri si sono susseguiti dal 4 all’11 novembre scorsi marciando lungo la linea dei diritti civili e politici ottenuti dalle donne dal 1946 ad ora.
«Riflettere sul pregiudizio nei confronti del diverso – recita il comunicato dell’evento -, sulla condizione della donna nella migrazione, sulla schiavitù della tratta ci è parso un buon modo per celebrare il 70° del voto perché, partendo dallo specifico femminile, porta a riflettere su quanti ancora sono gli ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere per un pieno sviluppo della persona umana(donne e uomini, indistintamente)».

Le prime donne ad ottenere il diritto di voto furono le neozelandesi nel 1893, imitate poco dopo da Finlandesi e Norvegesi, negli Stati Uniti il processo è stato più lungo, ma nel 1920 anche l’ultimo Stato riconobbe il diritto alle donne.
Nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sancisca il suffragio universale fin dal 1948, in Arabia Saudita solo dal 2015 le donne partecipano al voto – e solo nelle elezioni comunali: le resistenze culturali sono ancora molte.
Tutto questo ci insegna una cosa importante, ribadita da molti: che i diritti ottenuti non sono definitivi, “per sempre”. Ogni generazione é chiamata a dare il suo contributo per difenderli ogni giorno, sostenerli e prendersene cura. Per esempio, solo nel 1968 è stata cancellata la norma del codice penale che puniva l’adulterio femminile (e non quello maschile); e ancora, solo nel 1981 sono stati abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Senza menzionare che, ancora oggi, assistiamo alla lotta che la donna compie ogni giorno per il diritto alla parità di salario e ad un equo riconoscimento professionale e di carriera.
L’articolo 3 della Costituzione italiana recita che la Repubblica ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Ma oggi quanto e come sono tutelate le donne nel contesto italiano?
La rete di accoglienza al femminile, realtà emiliana dalle molteplici identità, che lavora da anni per l’accoglienza e il sostegno alla donna, ha cercato di costruire intorno a questo interrogativo un percorso di riflessione al quale anche noi abbiamo partecipato intervenendo nella giornata di chiusura, lo scorso 11 novembre.
La presidente Esohe Aghatise, esperta di diritto internazionale, è intervenuta illustrando i meccanismi e le modalità con cui le organizzazioni criminali internazionali utilizzano gli attuali flussi migratori femminili provenienti dall’area centro-africana per il traffico di donne costrette alla prostituzione. Uno sguardo più ampio, dunque, sulla condizione della donna, che indaga in particolare sulle situazioni di sfruttamento sessuale all’interno delle rotte dei migranti.

Le due visite presso il CARA di Mineo – Catania – , condotte da Iroko insieme con l’Association of Black Lawyers, l’Association of Muslim Lawyers e la CATW nelDSC_0037AA 2015 e nel 2016, hanno messo in luce la presenza di molte donne immigrate vittime di violenze subite durante il tragitto verso l’Europa, e quindi la necessità di agire in loro supporto, sia nel senso di un’accoglienza dedicata sia in termini giuridici, attraverso leggi che anche in Italia garantiscano supporto sociale ed economico alle vittime di tratta e prostituzione.
Tratta e prostituzione sono legate a doppio filo: la domanda di prostituzione nutre il traffico criminale a fini sessuali di donne. Da qui la necessità, come Iroko, di sposare la visione abolizionista sulla prostituzione, basata sulla limitazione della domanda di sesso attraverso la criminalizzazione dei compratori. Qui trovate maggiori approfondimenti.

In Italia è attiva da anni una rete di associazioni che lavora nella promozione del Modello Nordico anche nel nostro Paese. Diventato legge in Svezia nel 1999, è entrato nella legislazione norvegese a partire dal 2009, ponendo chiari obiettivi: prevenzione della tratta e riduzione del mercato del sesso, promozione di un cambio di atteggiamento culturale nella popolazione e, non meno importanti, tutela delle persone prostituite e accompagnamento verso il percorso di uscita dalla prostituzione.
I risultati, a circa otto anni dall’adozione della legge, sono positivi: il mercato del sesso si è ridotto e sia Svezia che Norvegia sono Paesi poco attraenti per i traffici derivanti dalla tratta di donne.
C’è ancora molto lavoro da fare in questi Paesi per garantire i medesimi diritti anche alle donne prostituite immigrate, ma sono sulla buona strada.
In Italia il percorso è in salita, ma stiamo lavorando da tempo, con il sostegno di organizzazioni e rappresentanti politici svedesi, norvegesi, islandesi, francesi e sud-irlandesi per costruire una legge che prenda esempio dal modello nordico.
Proprio la Francia ha compiuto un grande passo in questa direzione, approvando lo scorso anno la legge contro la prostituzione.
La stragrande maggioranza delle donne che si prostituiscono lo fa come mezzo di sopravvivenza: quando le loro condizioni economiche e sociali sono dignitose, difficilmente  entrano nel mondo della prostituzione. Ne è un esempio ciò che sta succedendo in Grecia da quando nel 2008 è scoppiata la crisi economica.

Per approfondimenti, invece, sulla questione della tratta di donne dalla Nigeria è consultabile il rapporto realizzato da EASO nel 2015.

Tutto ciò ci dice che la violenza sulle donne è sempre dettata da un fattore di cultura patriarcale che considera la donna un oggetto sottomesso alle volontà dell’uomo. Nessun’altra attività più della prostituzione evidenzia questo dato. Nonostante ciò, si continua a proporla come “attività lavorativa” per le donne. Ne è un esempio in Italia la proposta di legge Spilabotte, che promuove la regolamentazione della prostituzione, alla quale ci opponiamo fermamente per le ragioni indicate qui.

Secondo i dati di Telefono Rosa, l’Italia, dove le pari opportunità sono il frutto di un lungo percorso di emancipazione, detiene il triste primato di Paese europeo con il maggior numero di femminicidi.
É dunque necessario secondo noi un lungo lavoro politico e culturale che metta davvero al centro la donna: l’educazione nelle scuole è necessaria tanto quanto favorire il lavoro dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza, come l’attivazione di concreti strumenti di sostegno per le donne che decidono di uscire dalla prostituzione.

Non esiste un punto di arrivo finale, ma la libertà, che si esprime sempre attraverso i diritti, è piuttosto un cammino, sempre in movimento, che arretra e avanza di continuo. Ma non per questo bisogna rinunciare a percorrerlo.