Raccogliamo e pubblichiamo volentieri una riflessione profonda e strutturata di Maddalena Celano, docente, attivista e studiosa, femminista abolizionista, autrice di diversi articoli e saggi sul tema della lotta alla tratta e alla prostituzione.
A Favore dell’Abolizionismo Femminista contro il movimento prostituente e l’ industria prostituente
Parte I
Quando si parla di tratta, è importante considerare le reali implicazioni di questa pratica e le cifre impressionanti che riguardano la violenza e lo sfruttamento delle persone coinvolte. Prima di tutto, i dati raccolti in diversi paesi del mondo evidenziano una realtà estremamente inquietante: la netta e stragrande maggioranza delle persone coinvolte nella prostituzione subisce violenza fisica e sessuale, spesso perpetrata proprio dai clienti o/e dai gestori dei bordelli e, sempre più spesso, si tratta proprio dei bordelli reclamizzati e legalizzati per via delle pressioni “sexworkiste” del movimento prostituente. Studi condotti dalle Nazioni Unite hanno rilevato che, in alcuni paesi europei, fino al 99% delle persone coinvolte nella prostituzione ha subito violenza, anche e soprattutto all’ interno dei postriboli legalizzati. Questi dati sono indicativi della natura intrinsecamente violenta della cultura prostituente e sottolineano l’urgente necessità di proteggere le persone coinvolte da tali abusi. In secondo luogo, è fondamentale considerare le conseguenze devastanti che la prostituzione porta sulle persone coinvolte, in particolare sulle donne e sui giovani. L’Europa si trova di fronte a una cruda realtà: tra le sue strade si aggirano tra 70.000 e 140.000 individui, vittime di traffico umano, con l’84% di essi destinati allo sfruttamento sessuale. Questa è una vergogna che non può essere ignorata né tollerata. È un’ingiustizia profonda che grida vendetta contro un sistema che permette all’industria della prostituzione di prosperare, alimentando i desideri dei clienti a spese delle vite e della dignità delle donne.
Non possiamo più accettare il dogma della liberalizzazione, che in molti Paesi europei ha aperto le porte all’orrore anziché chiuderle. Il Consiglio d’Europa ha chiaramente indicato la via giusta nel 2014, quando ha invitato tutti i suoi membri ad abbracciare l’abolizionismo. Questo non è solo un invito, ma un dovere morale, una chiamata all’azione per smantellare le strutture che alimentano questa forma moderna di schiavitù. Dobbiamo guardare alla Germania, che ha legalizzato la prostituzione più di vent’anni fa sperando di proteggere le donne. Ma cosa ha ottenuto? Soltanto una proliferazione della criminalità organizzata, con le donne ridotte a merce e gli sfruttatori normalizzati come normali “datori di lavoro” e normali “imprenditori” (molti di loro sono legati alla ndrangheta italiana: è stata proprio la mafia calabrese ad acquistare i quartieri a luci rosse ed ora è essa stessa a gestirli). La giornalista britannica Julie Bindel, con la sua indagine esaustiva sulla prostituzione, ha rivelato la brutale realtà dietro l’apparenza di normalità. Le donne coinvolte sono spesso vittime di violenze, costrette a subire rapporti non desiderati e a sopportare anni di abusi fisici e psicologici.
Non possiamo voltare le spalle a queste donne, né alzare le mani in segno di resa di fronte a un sistema che le sfrutta senza pietà. La prostituzione non è una scelta libera, bensì un riflesso dei fallimenti della nostra società nel proteggere i suoi membri più vulnerabili. Non possiamo chiamarla lavoro, non possiamo accettare che il corpo umano sia trattato come una merce da vendere al miglior offerente. Infatti, Rachel Moran, ex vittima della prostituzione “volontaria” (ex escort di lusso) rispose, durante un’ intervista, ad un membro del movimento prostituente che paragonava la prostituzione all’ esercizio dell’ attività di cameriera al McDonald’s: la cameriera del McDonald’s vende l’ hamburger, nel caso della prostituzione, invece, tu sei l’ hamburger.
L’Italia, con la sua Corte Costituzionale, ha posto un faro sulla strada da seguire, affermando chiaramente che la prostituzione non può essere considerata lavoro. È un’attività che degrada la dignità umana e alimenta un mercato basato sull’oppressione e lo sfruttamento. Non possiamo permettere che milioni di clienti alimentino questo ciclo di violenza e miseria, mentre la criminalità organizzata fa incetta di profitti proprio grazie ai movimenti prostituenti e alle loro pressioni ideologiche e politiche su partiti e media popolari.
Dobbiamo essere chiari nel nostro messaggio: la libertà sessuale non può esistere senza il rispetto del consenso e della dignità umana. L’acquisto di sesso non desiderato non è libertà, ma oppressione; non è piacere, ma violenza. Il famigerato “consenso” all’ atto sessuale non può essere acquistato con il denaro giacché il desiderio sessuale c’è o non c’è. In caso contrario, si tratta di “mero stupro monetario” a cui, sia ben inteso, una vittima può cedere e tollerare (per mera necessità). Dobbiamo smettere di nasconderci dietro l’illusione che la legalizzazione possa risolvere il problema dello stigma sociale. Come ha sottolineato la filosofa Luisa Muraro, non sarà certamente una legge a cancellare l’oppressione.
Per concludere, dobbiamo chiederci: cosa c’è di progressista nel perpetuare un sistema che sfrutta e degrada le donne? È tempo di alzare la voce e combattere per un mondo in cui ogni individuo sia libero dalla schiavitù e dallo sfruttamento. È tempo di abolire la prostituzione. Le ricerche dimostrano che coloro che si trovano coinvolti nella prostituzione hanno maggiori probabilità di sviluppare problemi di salute mentale, dipendenze da sostanze e di essere vittime di traffico umano. Inoltre, molte donne coinvolte nella prostituzione sono madri single che lottano per sostenere sé stesse e le proprie famiglie, spesso senza accesso a servizi sociali o assistenza sanitaria adeguata. Di fronte a queste evidenze, l’approccio abolizionista alla prostituzione si presenta come unica risposta necessaria e urgente. L’abolizione della prostituzione non solo proteggerebbe le persone coinvolte dalla violenza e dallo sfruttamento, ma è l’ unica prospettiva che offrirebbe loro opportunità di uscire da situazioni di precarietà e vulnerabilità, garantendo loro accesso a servizi di sostegno e alternative lavorative più sicure e dignitose.
In conclusione, mentre alcuni possono tentare di normalizzare la prostituzione come lavoro, è importante riconoscere la sua intrinseca violenza e le sue devastanti conseguenze su tutte le persone coinvolte. L’abolizionismo rappresenta una risposta etica e compassionevole a questa realtà, promuovendo la protezione e il benessere delle persone coinvolte; anziché il loro sfruttamento e la loro oppressione. Negli ultimi decenni, il movimento femminista abolizionista ha sollevato con forza la sua voce contro la cultura prostituente, sottolineando i danni inflitti alle donne coinvolte e la necessità di adottare misure decisive nel contrastarla. Basandoci su dati e statistiche empiriche, è evidente che l’abolizionismo femminista non solo è giustificato, ma è anche l’ imperativo morale e sociale in grado di contrastare seriamente questa piaga. Prima di tutto, bisogna sempre tener presente le cifre impressionanti riguardanti la violenza e lo sfruttamento delle persone coinvolte nella prostituzione.
È facile non notare i danni della prostituzione se non li guardiamo direttamente. La maggior parte delle persone che non sono direttamente coinvolte nell’industria del sesso hanno una conoscenza limitata di ciò che accade al suo interno. Dobbiamo chiederci onestamente quali sono le implicazioni della normalizzazione della prostituzione. Non è accettabile dire semplicemente: “Non ne sono influenzato personalmente e ci sono cose più importanti su cui concentrarci”. Quando scopriamo gravi violazioni dei diritti umani, come nel caso della prostituzione, è nostra responsabilità fare qualcosa al riguardo. Se diamo uno sguardo onesto alla situazione della Germania, è chiaro che la realtà ha decisamente oltrepassato quelli che potevano essere le buone intenzioni della legalizzazione della prostituzione.
Il Bundestag (il Parlamento tedesco) ha approvato nel 2001 la legge sulla prostituzione, grazie ai voti dei socialdemocratici e dei verdi, allora al Governo in una coalizione guidata dal cancelliere Gerhard Schröder. La misura sulla regolamentazione del sesso a pagamento entrò in vigore il 1° gennaio 2002 (proprio lo stesso giorno dell’Euro). Nei loro sforzi per screditare il modello nordico (modello abolizionista tra i più intransigenti), gli oppositori affermano che in Svezia la prostituzione non è in realtà diminuita, ma invece è diventata “clandestina”. Questo, ovviamente, non è vero. Le forze dell’ordine e gli assistenti sociali in Svezia, dove il modello nordico è in atto da oltre un decennio, affermano di non avere problemi a scovare reti di prostituzione e clienti; l’unico problema è trovare le risorse per affrontare queste situazioni.” (fonte: Redazione Documentazione.info)
La legalizzazione della prostituzione non è riuscita a fermare il traffico di esseri umani e ora molti Paesi, tra cui l’Italia, puntano al “modello nordico”, un insieme di norme promosso dall’Unione europea già nel 2004, quando aveva evidenziato il fallimento del modello regolamentarista.
Nel corso degli anni, sempre più segnali hanno sancito la necessità di un cambiamento di rotta: nel 2007 lo studio “Daalder” ha spinto il Governo olandese al graduale smantellamento dei quartieri a luci rosse creati nel 2000, anno in cui era stato abolito il divieto sulle “case chiuse”. Più recentemente, una lettera di un’ex prostituta tedesca ha portato alla luce le crepe strutturali della decisione della Germania di legalizzare la prostituzione. Attualmente, i dati più aggiornati risalgono al Rapporto Eurostat del 2015 e confermano quelli del rapporto precedente: i Paesi che hanno deciso di legalizzare la prostituzione non hanno registrato alcun calo dei casi di sfruttamento (se mai solo un repentino aumento dello stesso).
Ma il traffico di esseri umani non riguarda solo l’Europa: esso è un fenomeno globale che coinvolge 42 milioni di persone e con 186 miliardi di dollari l’anno rappresenta una delle principali miniere d’oro per la criminalità organizzata. La sua portata è talmente estesa da far sì che l’UE nella sua ultima proposta di risoluzione, parli esplicitamente di violazione di diritti umani. È quindi naturale che sia influenzato dalle diverse politiche legislative messe in atto dai Governi. Appare dunque fondamentale l’adozione di una normativa comune e la creazione di “banche dati centralizzate”, in grado di fornire informazioni attendibili sullo sviluppo del fenomeno. Tutto questo ha spinto Paesi come la Francia, l’Inghilterra ma anche Stati non europei come il Canada a ripensare le proprie politiche nazionali in merito al traffico di esseri umani. Il “modello nordico”, perché vigente nei Paesi del Nord Europa (Svezia, Norvegia, Islanda e Irlanda del Nord) è rivoluzionario: esso prevede delle sanzioni nei confronti dei clienti dell’industria sessuale e dove applicato, ha prodotto una flessione dei casi di sfruttamento. Tra i Paesi che stanno riconsiderando la propria posizione vi è anche l’Italia, dove a novembre del 2016 è stato presentato un disegno di legge per l’entrata in vigore del modello nordico nel nostro Paese” (fonte Redazione: Documentazione.info). La dottoressa tedesca Ingeborg Kraus, psico-traumatologa di fama internazionale, attiva nella Società Tedesca sul Trauma e la Dissociazione e la Società Europea per la sindrome da stress post traumatico, ha pubblicato numerosi articoli in particolare sulla sindrome da stress post-traumatico, il trauma bonding e sul trauma come fattore d’ingresso nella prostituzione e tiene conferenze su questo tema in vari paesi mondiali. In seguito all’indifferenza dimostrata dalla comunità internazionale, durante la Guerra nell’ex Jugoslavia, non ha voluto restare inerte e ha deciso invece di rendersi utile. È stata impegnata sul fronte umanitario dal 1994 fino al 2003 in Bosnia e nel Kosovo. Una volta rientrata in Germania ha lavorato in varie cliniche di salute mentale specializzate in psicosomatica e dipendenze. Dal 2012 ha aperto uno studio di counselling psicoterapeutico a Karlsruhe. Ha curato più di 1000 donne, tra queste, molte vittime di prostituzione. Nel 2007 ha co-fondato un gruppo all’interno del partito dei Verdi contro la prostituzione (Grüne Prostitutionskritikerinnen). Nel 2013 ha iniziato una massiccia campagna per mettere fine alla prostituzione in Germania inclusa una petizione rivolta a tutti i partiti politici che ha avuto successo. Nel 2014 ha esteso la sua battaglia per la causa all’ambito medico. Grazie al suo impegno la Dott.ssa Kraus ha creato una rete di scienziati e esperti nell’ambito medico (https://www.trauma-and-prostitution.eu/en/the-appeal/) che hanno unito i loro sforzi producendo ricerche, pubblicando e facendo formazione sulla dura realtà della prostituzione e le conseguenze sulla salute delle persone e della società. Ha tenuto lezioni e corsi su questo tema a livello mondiale, è intervenuta in diversi parlamenti più volte, dall’Assemblée Nationale di Parigi, a l’ENA di Strasburgo, alla Camera dei Deputati e del Senato a Roma, al Palaco de Cibeles a Madrid, al CSW di New York e nel Parlamento Tedesco. La maggioranza delle persone che si rivolgono a lei sono donne. Il tema del “trauma-bonding” è pane quotidiano nel suo approccio terapeutico, affligge le donne di qualsiasi provenienza e classe sociale. Nel 2009 ha scritto il suo primo articolo sulla sua esperienza clinica con le donne in prostituzione nel quale ha spiegato la connessione tra un trauma precedente e l’ingresso nella prostituzione. Questo perché: un’autostima compromessa favorisce l’entrata. Anche gli Stati che considerano la prostituzione un lavoro come un altro rispecchiano nelle loro strutture sociali l’ideologia del perpetratore e creano un trauma bonding collettivo. L’attivista per i diritti delle donne scomparsa di recente, Nawal al-Saadawi, ha giustamente affermato che la liberazione delle donne deve avvenire anche a livello psicologico. Perché quando le donne si liberano a livello mentale dai loro oppressori questi non hanno più alcun potere su di loro. La lobby pro-sfruttamento, incarnata da organizzazioni come AMMAR e Retrasex, promuove attivamente la prostituzione come lavoro, influenzando l’opinione pubblica e i media.
La Spagna, in particolare, è diventata un nodo cruciale per il turismo sessuale globale, con l’apertura di sedi di fondazioni come quella di George Soros, che sostengono la legalizzazione della prostituzione a livello mondiale. Questa lobby opera attraverso sindacati falsi e organizzazioni che difendono la prostituzione come scelta autonoma, ignorando le reali dinamiche di sfruttamento e tratta. Retrasex, ad esempio, manipola il concetto di tratta, definendo vittime solo coloro che rispondono a uno specifico stereotipo, escludendo molte altre forme di sfruttamento. Le donne vengono forzate a firmare contratti che affermano di esercitare la prostituzione in modo autonomo, nascondendo così lo sfruttamento e rendendo difficile per le autorità intervenire.
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