Tratta a scopo sessuale
Contesto nigeriano
Contesto est-europeo

Tratta a scopo sessuale

Il Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata, (uno dei tre Protocolli Palermo), adottato il 15 novembre 2000 ed entrato in vigore il 25 dicembre 2003,  per prevenire, reprimere e punire la tratta di esseri umani, in particolare di donne e bambini, precisa e stabilisce il significato di tratta nell’art. 3 lettera (a):

(a) La “tratta di persone” indica il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o l’accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, dando oppure ricevendo somme di denaro o benefici al fine di ottenere il consenso di un soggetto che ha il controllo su un’altra persona, per fini di sfruttamento. Per sfruttamento si intende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, lavoro o servizi forzati, la schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, l’asservimento o l’espianto di organi;
(b) Il consenso di una vittima di tratta di esseri umani allo sfruttamento di cui alla lettera (a) è irrilevante laddove sia stato utilizzato uno qualsiasi dei mezzi di cui alla lettera (a).

Ci sono diversi tipi di sfruttamento nella tratta, primo tra tutti quello in ambito sessuale, che ha subito, nel tempo, mutazioni nei tragitti, nella struttura delle organizzazioni criminali e nelle metodologie di coercizione delle vittime coinvolte. Accanto a questo tipo di sfruttamento vi sono quelli nell’ambito del lavoro, nelle attività illecite, nell’accattonaggio, i matrimoni forzati, la vendita di organi e le adozioni illegali internazionali. È importante evidenziare l’elemento fondamentale della forzatura: la prostituzione, così come, per esempio, l’accattonaggio, sono riconducibili allo sfruttamento solo nel momento in cui vi è una figura esterna che obbliga l’individuo rispettivamente a prostituirsi e a chiedere l’elemosina.

La tratta di esseri umani o trafficking non corrisponde al traffico di migranti (smuggling). 
Lo smuggling è lo spostamento illegale di una o più persone da uno Stato ad un altro senza scopo di sfruttamento e con il consenso della persona trafficata, che ha un ruolo attivo nel contattare l’organizzazione. Una volta giunto a destinazione, il/la migrante interrompe il rapporto con l’organizzazione. Nella tratta, invece, l’arrivo a destinazione comporta l’inizio dello sfruttamento.

Da quanto emerge dal Rapporto Globale sulla tratta 2018 di UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine), il fenomeno della tratta di esseri umani risulta essere aumentato tra il 2003 e il 2016. 

L’analisi svolta dall’UNODC dal 2003 al 2018 e riguardante il profilo delle vittime(fig.2), rileva che le donne, assieme alle bambine, continuano a rappresentare più del 70% delle vittime di tratta.

Il fenomeno della tratta, quindi, vede una forte connotazione di genere (come mostrato anche nella figura 3), non solo per quanto riguarda le vittime – in prevalenza donne -, ma anche per quanto concerne i trafficanti, nonché quelli condannati o indagati per reati di traffico di esseri umani – che risultano essere per la maggior parte uomini.

Nel 2016 l’83% delle donne è stata trafficata per sfruttamento sessuale, l’82% degli uomini è stato trafficato per lavoro forzato. Il Rapporto Globale di UNODC (2018) evidenzia che il fine primario della tratta rimane lo sfruttamento sessuale nel 59% dei casi.

Nel rapporto del 2020 sopra citato, i dati riguardanti la composizione di genere nelle varie forme di sfruttamento non risultano essere cambiati significativamente. Le donne e le bambine continuano a rappresentare la categoria che viene maggiormente colpita dalla tratta di esseri umani, in specie a scopo sessuale, anche se le percentuali sembrano essersi ridotte per entrambi i sessi. Le donne, infatti, nel 2016 rappresentano l’83% delle vittime di tratta a scopo sessuale, mentre nel 2018 sono calate al 67%.

Nel 2018, per ogni 10 vittime di tratta rilevate a livello internazionale, circa 5 sono donne adulte e 2 sono bambine. Circa un terzo delle vittime di tratta, rilevate a livello globale, sono bambini, rispettivamente per il 19 % femmine e per il 15% maschi, mentre per il 20% uomini adulti. La tratta a scopo sessuale occupa il 50% tra le varie forme di sfruttamento, a seguire vi è il lavoro forzato (38%), attività illegali (6%), accattonaggio (1,5%), matrimoni forzati (1%), altre forme di sfruttamento come adozioni illegali, traffico di organi (3,5%) .

Un fattore importante, evidenziato dall’ultimo rapporto dell’UNODC, è l’aumento dei trafficanti condannati. A livello globale, il numero delle persone condannate ogni 100.000 è quasi triplicato dal 2003, anno in cui è entrato in vigore il Protocollo Palermo. Disporre di una legislazione anti-tratta e investire nelle capacità nazionali e nella cooperazione internazionale rafforza il contrasto al fenomeno.

 

Contesto nigeriano

Numerose sono le cause che spingono le donne nigeriane a migrare. Il contesto di origine è povero e spesso le donne partono per il desiderio di aiutare la famiglia inviando rimesse. La domanda di manodopera nell’Europa meridionale rappresenta una delle cause della migrazione, che si aggiunge al Programma di adeguamento strutturale adottato nel 1986 dalla Nigeria, con cui è stato adottato un taglio della spesa pubblica con conseguente aumento della disoccupazione nel settore pubblico e adattamento della struttura del mercato del lavoro nigeriano[1]. Le donne inoltre non hanno a disposizione sistemi di sostegno e la loro condizione di subordinazione nella società nigeriana gioca un ruolo significativo nella spinta a migrare. Povertà, analfabetismo e sessismo fanno sì che si cerchi una vita migliore altrove[2]. Il Rapporto del 2016 “Trafficking in Persons” indica la Nigeria come paese di origine, transito e destinazione per donne e bambini sottoposti a lavoro forzato e a tratta per scopo sessuale. All’interno dei confini nazionali nigeriani, la tratta, e non solo quella a fini sessuali, assume anche una portata maggiore rispetto alla transfrontaliera. Essa infatti rappresenta il primo passo di un percorso che ha come meta l’estero, soprattutto l’Europa ma non solo (anche Africa occidentale, Asia centrale, Medio Oriente o Nord Africa). Le donne da indirizzare alla tratta a scopo sessuale sono reclutate per la maggior parte nello Stato di Edo, a Benin City e nei villaggi limitrofi, ma anche in stati del sud come Abia, Ebonyi, Lagos. Negli anni Ottanta le donne che partivano da Edo e che sono arrivate in Italia hanno svolto per lo più attività lecite, per esempio la compravendita di merci (Braimah, 2013). Sono state poi queste stesse attività ad indebitarle e a spingerle a prostituirsi. L’attività prostituente si è poi diffusa a partire dagli anni Novanta in Europa. Le prime donne che arrivavano in Europa negli anni Ottanta avevano un’età compresa tra i 17 e i 28, ma con una forte componente che rientrava tra i 18 e i 20[3]. Erano per la maggior parte donne sposate che migravano per spedire rimesse alle loro famiglie in Nigeria. Nel 2015 invece si è registrata una percentuale più alta di ragazze minorenni e ciò potrebbe dipendere dalla maggior consapevolezza delle donne adulte, generalmente meno manipolabili, oppure da una preferenza per ragazze più giovani da parte dei clienti nei paesi di destinazione. Importante ricordare che l’età è spesso falsata dalle stesse ragazze per vari motivi: più alta per sottolineare il loro consenso o ottenere un tipo di protezione più elevata da parte dei servizi sociali o ancora per avere maggiori possibilità di ottenere un lavoro[4]; più bassa per attrarre i clienti che sembrano prediligere ragazze sempre più giovani.

Organizzazioni e reti criminali

Le organizzazioni e le reti criminali nigeriane variano per dimensione e struttura. Alcune sono piccole e si servono dei familiari per adescare e trafficare le ragazze, rendendo così più difficile sradicare l’organizzazione da parte delle forze dell’ordine; altre presentano una struttura più complessa, che poggia su diversi soggetti come falsari professionisti o agenti di viaggio, e solitamente sono reti permanenti e solide. Stando all’Europol[5], i gruppi criminali nigeriani hanno strutture di piccole unità per essere più efficienti e indipendenti, attingendo a una vasta rete di conoscenze personali, tra le quali le madam svolgono un ruolo significativo. Chi recluta sa falsificare documenti, ingannare e persuadere, individuare rotte per trasportare le persone attraverso valichi di frontiera poco sorvegliati. Poi ci sono i soggetti atti al favoreggiamento e tra questi vi possono essere anche funzionari dell’ambasciata e guardie di frontiera che si trasformano in tenutari di case di appuntamenti.

Ruolo della madam o maman

La figura delle maman o madam in queste reti criminali è cruciale[6], spesso sono loro stesse che reclutano le ragazze e finanziano loro il viaggio. Esse sorvegliano il processo della tratta dal reclutamento allo sfruttamento. L’Europol comunica che questo tipo di figura nella tratta è in aumento. Alcune madam sono state in precedenza vittime di tratta, poi passate allo status di madam dopo aver estinto il loro debito con i trafficanti. Sono collocate sia nel paese di destinazione che in quello di origine, si tengono in contatto tra loro in modo da organizzare la tratta tenendo sotto controllo la situazione della ragazza sia nel paese di origine che in quello di destinazione. Solitamente esse sono unite tra loro da un legame di parentela. In genere, le madam in Nigeria controllano gruppi di dieci/quindici ragazze e ne intascano i guadagni, mentre le madam italiane, soprannominate “Italo”, sono coloro che organizzano l’arrivo delle vittime. Nel rapporto pubblicato da EASO del 2019 si teorizza una gerarchia tra le stesse madam. Al vertice troviamo la madam che, possedendo mezzi finanziari e collegamenti, pianifica tutte le fasi della tratta e svolge il ruolo di intermediaria. Un altro tipo di madam è invece quella che pianifica solamente la prostituzione, si occupa di destinare i guadagni ed è in genere coinvolta nella tratta di parenti strette. Il compagno della madam non è necessariamente all’interno del sistema tratta, infatti essa può essere aiutata da un tuttofare o avere più assistenti che possono essere anche le stesse ragazze da lei reclutate.

Reclutamento

Il reclutamento delle donne o ragazze da avviare alla tratta avviene secondo modi diversi. Alcune donne contattano giovani uomini per migrare in Europa. Questi a loro volta contattano parenti donne in Europa, che sono molto spesso madam, e organizzano il viaggio tramite loro. A Benin City alcune ragazze si recano in nightclub chiamati Italy e Spain, che rappresentano i paesi verso cui verranno indirizzate. Oppure, sia a Benin City che in altre zone, possono essere raggirate anche lungo le strade da nigeriani immigrati in Europa che prospettano loro una vita diversa e migliore. Altre volte sono le stesse famiglie a essere ingannate pensando di mandare la figlia all’estero per farla lavorare come baby-sitter o per un’impresa di pulizie. L’agente di viaggio è spesso reperito dai familiari e il reclutamento avviene in ambiti familiari alla vittima (casa, scuola, quartiere o lavoro). Quando si stipula il contratto con l’agente poi si viene anche messe in contatto con la madam. Tra le tecniche di reclutamento rientra anche il rito voodoo o juju, che risulta però essere spesso una coercizione secondaria, ossia praticato per coloro che sono già entrate nel sistema tratta, nel caso la donna tenti di rompere il patto. Il juju è praticato da secoli in Africa occidentale, radicato nello stato di Edo e in Nigeria in generale. Solo un sacerdote può usare il potere juju e suggella un patto tra le donne e i trafficanti: questi si impegnano a pagare il viaggio e le donne a non denunciarli. Alcuni riti vengono svolti in Nigeria, altri in Europa. Non tutte le donne credono in questo rituale. Le donne cristiane non pronunciano giuramenti juju ma in alcuni casi i patti vengono suggellati in chiese pentecostali, che hanno sulle donne un forte ascendente. Durante il rito si prelevano parti del corpo, come unghie, capelli e anche sangue mestruale, che vengono messi in sacchettini con la promessa di restituirli a debito estinto. Questi riti causano problemi psicologici e psichiatrici, tra i quali stress post traumatico e sintomi psicosomatici. Nel 2018 l’Oba di Benin, la più importante autorità spirituale nigeriana, annunciò con una importante cerimonia pubblica che tutti i giuramenti e le maledizioni posti sulle vittime di tratta venivano annullati. Per la prima volta, dunque, veniva riconosciuta una una connessione tra il fenomeno della tratta e le cerimonie di giuramento a cui si sottopongono molti Nigeriani prima di partire verso l’Europa. Ma, come ricorda anche Blessing Okoedion, nigeriana sopravvissuta alla tratta, l’editto è una goccia nel mare: la tratta delle donne verso l’Europa continua, anzi, pare siano aumentati i rischi sia per le donne che per le loro famiglie di origine, minacciate dai trafficanti. Inoltre, molte donne non sono realmente in grado di liberarsi dalle catene che le trattengono nella tratta.

Debito

La tratta per fini sessuali si compone soprattutto di un sistema di debito che risulta essere elevato e per estinguere il quale sono necessari circa quattro anni. Le donne non possono inviare denaro alle loro famiglie se il debito non è stato estinto del tutto. Una volta pagato, la persona rimane comunque vulnerabile, priva di denaro, competenze e reti di sostegno. Solitamente è la madam che stabilisce quando il debito è soluto, è lei stessa che denuncia la vittima alla polizia, in modo da evitare che la donna entri in competizione nel mercato del sesso con le nuove vittime di tratta. Alcune donne continuano a lavorare nel mercato del sesso perché non trovano altri lavori per mantenere la famiglia in Nigeria; altre smettono di pagare il debito anche per sfinimento, per le violenze nella prostituzione e le coercizioni subite.

Viaggio

La migrazione illegale è quasi sempre l’unica via per raggiungere l’Europa. I nigeriani non ottengono il visto, poiché la Nigeria è considerata “a rischio” per frodi documentali nei paesi Schengen. I trafficanti stipulano una somma e Le famiglie, quindi, si affidano ai trafficanti, che stipulano una somma di denaro, prendono in prestito i soldi e spesso vendono beni per poter pagare. Quando le donne provvedono da sole al viaggio, questo può durare di più ed è pure più rischioso. Nei paesi di transito della tratta vi sono campi di migranti, Questi campi nordafricani hanno condizioni di vita dure, le migranti sono costrette a vendere prestazioni sessuali in cambio di cibo. Viaggiare in aereo è molto più costoso ed è necessario procurarsi i documenti. Bisogna, però, ricordare che, tra gli anni Ottanta e fine anni Novanta, si viaggiava per via aerea più spesso, con l’inasprirsi dei controlli sulla migrazione, dal 2005 si attraversano i cosiddetti paesi di transito e il Mediterraneo. In minibus le donne attraversano la Nigeria per giungere poi a piedi, in auto o in moto in Niger. Da Agadez, attraversano il deserto del Sahara e arrivano in Libia a Tripoli. Da lì poi vengono portate via mare a Malta o Lampedusa. In Libia però esistono le connection houses  o case di collegamento[7], anche dette ghetti, dove le donne vengono sfruttate sessualmente, anche solo per vivere. Esistono altre rotte via terra per giungere in Spagna, attraversando paesi come Algeria e Marocco. Dal Marocco si arriva in Andalusia su gommoni. Altra rotta per arrivare in Marocco è attraversare il Mali e la Mauritania. In base ai dati forniti dall’Europol, Italia e Spagna risultano essere le destinazioni principali ma sono anche paesi di transito per altri paesi dell’Unione Europea e in particolare quelli nordici. L’Italia è sia Paese di arrivo che di passaggio delle vie individuate dalle organizzazioni criminali dedite alla tratta. Dopo la recenti evoluzioni dei flussi migratori, sono in aumento le persone che si affidano alle organizzazioni criminali, le quali vincolano le vittime a situazioni di sfruttamento sia nei Paesi di destinazione che di transito. I cambiamenti nei tragitti, generati dai gruppi criminali e favoriti dall’instabilità dei paesi di transito, influiscono sulle modalità di assoggettamento, in particolare in Libia, e sulle degradanti condizioni a cui le vittime vengono sottoposte durante il viaggio, causa di traumi. Le vittime di tratta di nazionalità nigeriana sono circa l’80% in Italia. Stando alle stime fornite dal rapporto sulla tratta di esseri umani dell’Ambasciata e dei Consolati degli Stati Uniti di America in Italia del 2019, fino ai tre quarti delle donne e dei minori non accompagnati provenienti dalla Nigeria e arrivati in Italia nel 2018 sono vittime di tratta. 1 migranti nigeriani rappresentano circa il 36% delle vittime che hanno ricevuto permessi di soggiorno nel 2018, in primis donne e ragazze vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale basata sulla coercizione. Le reti di trafficanti nigeriani hanno sviluppato sempre di più le loro azioni delinquenziali e sarebbero strettamente connesse con le organizzazioni criminali italiane. Sul totale delle persone che praticano la prostituzione su strada, che ammonterebbe a 40-45.000 individui secondo il rapporto del 2019 sulla tratta di esseri umani -, il 60% circa è costituito da vittime o potenziali vittime di tratta di esseri umani, nella maggioranza dei casi di nazionalità nigeriana o rumena. La Nigeria, infatti, è uno dei Paesi con il più elevato numero di sbarchi via mare dal 2016. Molte sono le donne che giungono in Italia per essere reclutate dalle reti criminali ed essere immesse nella rete della prostituzione.(Nicodemi, 2016)

Contesto est-europeo

Non meno drammatico è il caso delle donne e ragazze vittime di tratta a scopo sessuale provenienti dall’Est Europa. Accanto al 64% di donne nigeriane vittime di tratta, troviamo un 36% di donne vittime di tratta proveniente dall’Est Europa. Sulle nostre strade, infatti, risulta costante la presenza di ragazze di nazionalità rumena e bulgara, anche se si è notato un incremento delle ragazze di nazionlità albanese. Questo aumento segnala anche un ritorno di gruppi criminali albanesi in Italia, i quali sono secondi solo a quelli nigeriani. Il reclutamento delle donne da destinare al mercato prostituente avviene nei Paesi di origine e sta diventando sempre più efficace. Varie testimonianze di vittime di tratta, intervistate in Italia, hanno comprovato la presenza in Romania di “sentinelle” dei trafficanti, le quali individuano negli orfanotrofi le ragazze che stanno per abbandonare le strutture al compimento della maggiore età. Le sentinelle adescano le ragazze con false promesse d’amore e di un futuro migliore in Italia, approfittando della condizione di deprivazione affettiva delle ragazze. I lover boys, coloro che illudono queste ragazze costruendo una relazione sentimentale fasulla, sono affiancati ad ogni ragazza durante il periodo di sfruttamento in Italia, che può durare anni, ne controllano l’attività, portando alle ragazze anche bibite energetiche durante la notte per fare in modo che continuino ad esercitare. Il loro controllo è totale e violento, come nel caso, segnalato da alcuni operatori antitratta, di una ragazza rimasta incinta e indotta ad entrare in una vasca ricolma di ghiaccio affinchè lo shock termico le procurasse un aborto. Come sottolinea anche Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’Infanzia di Save the Children Italia, il sistema della tratta degli esseri umani è spietato nei confronti di ragazze quasi bambine e di donne, ed è in grado di adeguarsi per nascondersi e sopravvivere. È necessario, dunque, un rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine e di transito per rendere più efficace la lotta alla tratta, intesa come un crimine internazionale e transnazionale. In Italia occorre potenziare l’azione congiunta, anche attraverso la definizione e adozione di protocolli e convenzioni per l’individuazione immediata delle vittime di tratta, sulla base di un sistema multi-agenzia che veda coinvolti tutti gli attori territoriali interessati, quali Forze di Pubblica Sicurezza, Enti Giudiziari, Enti Locali, Enti Gestori dei centri di accoglienza, Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Ogni singola vittima va aiutata affinché fruisca del sistema di protezione istituzionale per sottrarsi ai trafficanti.

Note

[1] Plambech, S., Points of Departure, 2014, pag. 34 (fonte: Afolayan, Ikwuyatum, and Abejide, 2008)

[2] Braimah, T.S., «Sex Trafficking in Edo State, Nigeria», 2013, pagg. 11-20

[3] EASO, Informazioni sui paesi di origine Nigeria La tratta di donne a fini sessuali, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2015, pagg. 15-16

[4] UNICRI, Trafficking of Nigerian Girls in Italy. The Data, the Stories, the Social Services, Rome, April 2010, pagg. 40-42

[5] Europol, Trafficking in Human Beings in the European Union, 1 September 2011,; Frontex, Handbook on Risk Profiles on Trafficking in Human Beings, 2015, pag. 61; BBC, Human trafficking: The lives bought and sold, 28 July 2015

[6] EASO, Informazioni sui paesi di origine Nigeria La tratta di donne a fini sessuali, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2015, pagg. 22-24

[7] Nicodemi F., Le donne vittime di tratta in Italia: Misure di accoglienza e protezione, Quaderni del Samifo, Donne migranti, 2016, pag. 26

Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con la dott.ssa Giulia Poletti.