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Prostituzione: un lavoro come un altro?

Quest’articolo – scritto da Valentina Pazé, una professoressa di Filosofia politica all’università di Torino – è stato pubblicato in origine su Volere La Luna il 26/05/2020. Qui trovate anche la nostra traduzione in inglese.

Prostituzione: un lavoro come un altro?

Tra i settori economici che sono stati certamente penalizzati dal lockdown c’è anche il mercato del sesso. Lo ricorda, su il manifesto del 12 maggio, Shendi Veli (https://ilmanifesto.it/lemergenza-umanitaria-del-lavoro-sessuale/) , denunciando l’abbandono in cui sono stati lasciati i e le sex worker (di cui parlerò d’ora in poi al femminile, data la netta prevalenza delle donne nel settore) durante la pandemia. E riproponendo le classiche rivendicazioni dei movimenti per la “decriminalizzazione”: dal riconoscimento della prostituzione come attività lavorativa in piena regola alla legalizzazione delle attività collaterali, come il favoreggiamento, che nel nostro paese è un reato che viene talvolta contestato anche a chi affitta la casa a una prostituta o abita con lei (secondo un’interpretazione peraltro scorretta della legge Merlin, criticata da Silvia Niccolai in AA.VV., Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione, Milano 2019, pp. 70-117).

Intervenendo su 27esima ora del 22 maggio (https://27esimaora.corriere.it/20_maggio_22/prostituzione-lavoro-o-sfruttamento-b8170e3c-9bd6-11ea-aab2-c1d41bfb67c5.shtml), Luciana Tavernini mostra l’altra faccia della medaglia: «Chiamare la prostituzione lavoro è un modo per convincere che tutto, perfino l’accesso all’interno del nostro corpo, può e deve essere venduto e al massimo possiamo lottare per alzare il prezzo. È un vecchio trucco cancellare lo sfruttamento col nome di lavoro». E dunque, anziché chiedere di legalizzare le attività di coloro che guadagnano dalla prostituzione altrui, bisognerebbe attuare quella parte della legge Merlin che prevede formazione e inserimento lavorativo per le donne che desiderano cambiare vita. Uscendo da un “giro” in cui la stragrande maggioranza di loro è finita per bisogno, e talvolta per vera e propria costrizione (le straniere vittime della tratta), non certo per scelta.

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Quale futuro per l’accoglienza in Italia?

locandina_Iroko-Xenia_30112018Il ddl 840/2018, meglio conosciuto come decreto-legge su immigrazione e sicurezza, è diventato legge, dopo l’approvazione alla Camera.
Come associazione che si occupa di persone in condizioni di svantaggio economico e sociale, di donne vittime di violenza, e anche di accoglienza – seppur di ‘terzo livello’, cioè rivolta a chi vive in Italia da alcuni anni e che sosteniamo nel lungo processo di integrazione  – , ci siamo sentiti chiamati a informarci riguardo a questa che potremmo definire, per una serie di ragioni, un’anomalia legislativa.
Lo abbiamo fatto organizzando un incontro pubblico informativo e formativo, in collaborazione con l’impresa sociale Xenia, che da due anni accoglie richiedenti asilo e con la quale condividiamo i nostri spazi di lavoro.
L’incontro si è tenuto venerdì 30 novembre, ad appena tre giorni dalla conversione in legge del decreto dello scorso 27 novembre, e con noi c’erano le avvocate Barbara Cattelan ed Enrica Origlia, socie ASGI, e l’assessora regionale alle Pari Opportunità e all’Immigrazione Monica Cerutti, con l’intento di informare operatori dell’accoglienza e cittadini sulla nuova legge in materia di immigrazione e sicurezza, ma anche di affiancare a ciò un punto di vista politico sulla questione, che potesse prendere le distanze da un pensiero che non si può altro che definire razzista e che denota una profonda crisi di valori, politica e sociale.

Uno dei punti più controversi definiti dal decreto legge è sicuramente l’abrogazione della protezione per motivi umanitari. Riconosciuta nel Testo Unico sull’Immigrazione, anche la Corte di Cassazione si era espressa a suo favore, indicandola tra i tre tipi di protezione internazionale.
Riportiamo quanto scritto da Annalisa Camilli su Internazionale, a proposito di dati: ‘Nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale: il 52 per cento delle richieste è stato respinto, nel 25 per cento dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8 per cento delle persone è stato riconosciuto lo status di rifugiato, un altro 8 per cento ha ottenuto la protezione sussidiaria, il restante 7 per cento ha ottenuto altri tipi di protezione’.

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Riflessioni intorno al Modello Nordico

Cari tutti,
abbiamo il piacere di invitarvi al

Seminario Internazionale sul Modello Nordico come risposta alla prostituzione in Italia

L’Associazione Iroko, insieme ad altre organizzazioni nazionali e internazionali, tra le quali Resistenza Femminista, Associazione Salute Donna, UDI Napoli, CATW InternationalNorwegian Women’s Front e Space International, hanno promosso una conferenza sul tema che si terrà il prossimo 20 gennaio a Roma, presso l’Associazione YWCA – UCDG per un incontro pubblico e aperto alle associazioni di settore e alla cittadinanza.

La conferenza vuole essere un momento di riflessione condivisa che possa tracciare adeguate politiche di azione sul problema, soffermandosi in particolare sugli effetti della regolamentazione della prostituzione, sulla domanda di sesso a pagamento come forma di violenza patriarcale e sulle opportunità che possono essere offerte alle donne in grado di uscire dalla prostituzione. Leggi Tutto