Per il secondo anno consecutivo, Iroko è stata ospite della rassegna Rosso Indelebile, contenitore artistico itinerante, che si svolge a Torino e che ha come tema centrale la violenza di genere.

Rosso Indelebile da due anni porta l’arte in alcuni luoghi della città, che siano quanto più possibile condivisi e non propriamente deputati all’arte. Il tema della violenza di genere, infatti, è un argomento che fa parte della nostra quotidianità, ‘non può essere chiuso in un auditorium, ma deve uscire per conversare con tutti’, con la società, come ha detto Isabella Bulgheroni, socia dell’Associazione Artemixia, tra gli organizzatori della rassegna, insieme con la ong MAIS. Portare l’arte nelle strade ha lo scopo di condurre le persone a porsi delle domande, e possibilmente a darsi delle risposte, stimolando sia l’individuo che la collettività, provando a leggere la realtà da molteplici punti di vista.

La violenza di genere, in particolare, è un tema caldo, in tutto il mondo una guerra aperta, come l’ha definita Esohe Aghatise, presidente di Iroko. 

Quest’anno, come Iroko, il 29 settembre scorso abbiamo partecipato alla rassegna all’interno di un evento dedicato ai flussi migratori e alla tratta – i cui dettagli trovate qui – portando la testimonianza di una sopravvissuta alla tratta e alla prostituzione, Liliam Altuntas, che ha raccontato la sua storia attraverso il libro a lei dedicato, ‘I girasoli di Liliam’. 

Liliam, bambina di strada nelle favelas di Recife, finisce ben presto nelle mani di mercanti di corpi. Fin dall’età di 5 anni viene abusata da uno zio, situazione che l’ha portata a scappare via dalla casa della nonna. ‘La strada è all’inizio per me un luogo dove giocare, non immaginavo sarebbe diventato un luogo pericoloso’, ha raccontato Liliam, intervistata durante la serata da Teresa Canòne, autrice del libro di cui Liliam è protagonista. Per non sentire i morsi della fame, lei e i suoi coetanei assumono colla chimica, che alimenta le loro giornate alla ricerca di cibo.

Ogni anno 3 milioni di uomini accedono al mercato di questi corpi innocenti, le cui vittime sono 2 milioni di bambini, privati della loro infanzia e dei loro diritti.

A 12 anni Liliam fugge da quella che viene definita ‘la casa degli orrori’, dove vengono sfruttati tanti bambini e adolescenti come lei da una madame che li dà in pasto a clienti che vogliono soddisfare le loro peggiori perversioni. La fuga avrebbe avuto come risultato o la morte o la libertà da quel luogo, per ritornare nella casa della nonna e continuare a subire gli abusi dallo zio. Per Liliam sia la morte sia la famiglia rappresentano entrambe una forma di libertà rispetto all’orrore vissuto in quella casa.

A 14 anni Liliam viene venduta con l’inganno da un gruppo criminale e trafficata in Germania, dove entra nella prostituzione. Un destino ineluttabile, pensa di non meritare altro che quel tipo di vita. Lì scopre la ‘prostituzione di lusso’: cocaina, marijuana, alcool, sesso, ingredienti ideali che favoriscono il processo di autodistruzione. ‘Eravamo comunque solo merce, il lusso era apparente’, ricorda Liliam, chiedendo a chi sostiene che la prostituzione sia un lavoro, come possa esserlo: è in vendita il corpo di una persona, che diventa oggetto di piacere per un altro. La prostituzione non è sinonimo di consenso, come ricorda la presidente Aghatise, ‘Chi detiene il potere è colui che decide di comprare il corpo di una persona che, per disperazione, non può liberamente compiere una scelta. Ecco perché stiamo lavorando anche in Italia, sull’esempio di altri Paesi, ad una legge di tipo abolizionista, che riconosca la violenza nella prostituzione’.

‘La prostituzione’ – sostiene Liliam, socia e attivista di Resistenza Femminista – ‘è una cosa che ti ruba l’anima’. La prostituzione cancella l’identità di una persona, oltre che la sua dignità, diventa difficile guardarsi allo specchio e riconoscersi, anche dopo anni. Le donne prostituite, infatti, tendono a dissociarsi da sé e a costruirsi un’identità altra, che sia fuori da quella esperienza traumatica. ‘Quando raggiungi la libertà, devi avere molto coraggio per poterti guardare dentro, per raccontare il tuo vissuto. Perciò, come si fa a dire che la prostituzione è un lavoro?’, ha concluso Liliam che, dopo 21 anni, è ritornata a calpestare la sua terra, rivivendo amari ricordi. 

Isabella Bulgheroni, che ha condotto l’incontro e letto alcuni stralci del libro, ha voluto mandarci una sua personale riflessione sulla serata, che condividiamo e pubblichiamo qui, rinnovando il nostro ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile questi incontri, nonostante le limitazioni alla socialità e all’espressione e condivisione della cultura in tempi di emergenza covid-19. Un grazie particolare va a Rosalba Castelli, con la quale abbiamo condiviso fin dal primo momento la volontà e la gioia di collaborare.

Il dialogo tra l’autrice del libro “I girasoli di Liliam”, Teresa Canone, e la sua protagonista, Liliam Altuntas, è stato un momento toccante e ricco di significato.

La testimonianza non si è, volutamente, soffermata sulla descrizione di episodi scabrosi, infatti, la sua forza è nella sensibilità, nella genuinità infusa in parole semplici ma di grande impatto, non è necessario creare scandalo per trasmettere un messaggio potente.

Nella società odierna in cui il sentire prevalente è che tutto ha un prezzo, che l’unico valore è quello del denaro e che siamo ciò che possediamo, Liliam ci fa riflettere che l’essere umano è anima e spirito e che questi non devono mai essere considerati barattabili o comprabili.

Con le sue parole e la sua commozione Liliam squarcia il “velo di Maya” davanti ai nostri occhi: non è una scelta vendere il proprio corpo e mai lo è stato e mai potrà esserlo; la prostituzione non è un lavoro ma uno sfruttamento e non solo di corpi ma di anime. Non ci si può nascondere dietro la comoda (e utile per qualcuno) ipocrisia che le prostitute, siano delle “Bocca di Rosa” bensì sono delle Anime che vengono violate e ripagate, non con denaro, ma con dolore, umiliazione e sofferenza.

Liliam ci racconta di sé non tanto con le parole, ma con il suo sguardo vivo e lucente; il suo sguardo ci racconta che non è una sopravvissuta ma è una donna vincente, ha dovuto, non scelto, di affrontare una vita drammatica ma il suo spirito anche se a volte era ottenebrato non è stato domato, ha avuto la forza, il coraggio, il temperamento per rialzarsi e aprire un capitolo nuovo e diverso della sua vita. Liliam ci insegna, anche, che il passato non ci deve definire e immobilizzare ma che è necessario continuare a crescere e creare il nostro destino, senza arrendersi anche se a volte pensiamo che tutto è inutile e ci sembra al di là delle nostre risorse.

Sono onorata di avere avuto la possibilità di incrociare la sua strada, anche se per un attimo, perché Liliam, con la sua vita e con il suo essere, è una stella che indica la via in una notte tempestosa.

Qui potete trovare, invece, una sintesi dell’evento, sempre dedicato al tema della tratta, a cui abbiamo partecipato lo scorso anno al Centro Interculturale di Torino.