I Diritti Umani sono i diritti inalienabili dell’essere umano, che devono essere riconosciuti ad ogni persona per il solo fatto di appartenere al genere umano, a prescindere dalle origini, dal genere, dalle appartenenze o luoghi ove la persona stessa si trova.
I Diritti Umani sono infatti l’insieme dei diritti fondamentali dell’essere umano. Eppure vi sono persone al mondo che ancora non si vedono riconosciuti tali diritti.

Adelina e le altre

Una tra queste è Alma Sejdini, per tutte Adelina, vittima di tratta e successivamente vittima anche dello Stato italiano, che non le ha riconosciuto la cittadinanza italiana, sebbene vivesse in Italia da molti anni.

Negli anni Novanta Adelina aveva denunciato all’incirca ottanta persone appartenenti al racket della prostituzione albanese. Aveva deciso di liberarsi dai suoi sfruttatori che la costringevano, anche con la forza, a prostituirsi in strada. Adelina aveva compiuto un atto di coraggio e di forza enorme, che però non fu mai adeguatamente né compreso né riconosciuto e quindi ricompensato, nemmeno con la cittadinanza.
Ade aveva un tumore che non le permetteva di lavorare, ma la procura di Pavia, non solo le aveva rinnovato il permesso di soggiorno “per motivi di lavoro”, con il rischio di farle perdere il diritto all’invalidità. Ma le aveva anche modificato la cittadinanza in “albanese”, in sostituzione del suo stato di apolide.
Non smise mai di definirsi femminista e ha portato avanti fino alla fine dei suoi giorni la lotta contro la prostituzione, al fianco di varie associazioni: ”la prostituzione è violenza sulle donne” ribadiva Adelina, che sul suo corpo, ma anche nello spirito, ne portava ancora i segni. Non è bastata la sua testimonianza, così come non sembra bastare tuttora quella delle altre sopravvissute alla prostituzione, sia essa sottto forma di tratta o meno. Le voci delle sopravvissute sono costantemente ignorate e censurate e quella di Adelina, per le amiche Ade, si è spenta il 6 novembre 2021, quando si è gettata da un ponte a Roma. Anche le guerriere più forti smettono di combattere ad un certo punto.

Una donna, una vittima, ma soprattutto scomoda perché femminista abolizionista e dunque contro il sistema prostituente. Aveva testimoniato svariate volte sulla violenza insita nella prostituzione, l’ultima volta in Senato nel 2019, visibilmente stanca e senza capelli, ribadendo ancora una volta che i cosiddetti clienti non badano allo stato della donna prostituita.
Il suo ultimo desiderio, pubblicato in una videodiretta su Facebook, è stato quello di continuare a diffondere la sua voce, di lottare per le vittime della prostituzione e per i diritti delle persone più vulnerabili.

Modello nordico: l’esperienza svedese

Per-Anders Sunesson, ex ambasciatore antitratta della Svezia, ha affermato, durante un webinar dedicato ai progressi del modello nordico nel mondo e tenuto lo scorso dicembre da EWL, che i compratori di sesso soffrono di un disturbo di empatia.
Il primo gennaio 1999 il governo svedese ha deciso di adottare il modello nordico per contrastare la prostituzione e la tratta. Questo modello, come ha spiegato Sunesson, criminalizza il compratore-prostitutore ma non la donna prostituita, considerata invece quale vittima del sistema prostituente. “C’era anche la convinzione, da parte del governo svedese, che in realtà non avessimo argomentazioni per controbattere nei dibattiti sulla prostituzione, quando si parlava di tratta di esseri umani. Il governo era anche preoccupato per l’AGENDA 2030. Saremmo mai riusciti a raggiunger gli obiettivi dell’Agenda 2030, quando la prostituzione continuava a fomentare la violenza contro le donne e le ragazze e ad alimentare la tratta a scopo sessuale?!”

Il traffico di esseri umani crea un profitto di circa 200 miliardi di dollari USA ogni anno, di cui 150 miliardi, due terzi del totale, provengono dalla tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale. E questo denaro, a cui la criminalità organizzata ha accesso, viene utilizzato per destabilizzare i Paesi in cui è solito investire. «Quindi è una minaccia contro le democrazie, usata anche per finanziare il terrorismo e così via.» afferma l’ex ambasciatore.
Un aspetto terrificante è rappresentato dal potere della lobby pro prostituzione, che sembra guadagnare sempre più terreno e importanza a livello internazionale, anche all’interno del settore impegnato nella lotta per i diritti umani.
«Ci fu un articolo in un giornale svedese che riportava una dichiarazione dell’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, la quale consigliava al governo sudafricano di regolamentare la prostituzione e l’acquisto di sesso. Quando lessi l’articolo, fui molto turbato e chiamai il responsabile di Human Rights Watch e gli chiesi come potevano compiere un gesto simile». Secondo l’ong HRW, in sostanza queste donne sono predestinate a una vita senza un lavoro dignitoso, al quale non possono nemmeno aspirare, una vita da schiave. Non avrebbero alternative alla prostituzione, insomma.
La prostituzione è una violazione dei diritti umani ed è proprio considerandola come tale che la Svezia ha adottato il modello abolizionista.
«Il movimento delle donne in Svezia – ha raccontato Sunesson – spinse il governo a prendere provvedimenti sulla violenza degli uomini contro le donne e il governo svedese mise insieme un’inchiesta governativa per esaminare le strutture culturali caratterizzanti la violenza sulle donne. I ricercatori si accorsero che c’era molta violenza contro le donne che si prostituivano.»
Vennero realizzate, allora, interviste a donne impegnate nella prostituzione e acquirenti di sesso. In quel periodo, la maggior parte delle donne svedesi che si prostituivano non lo rivendicavano come una scelta. “In Svezia, scegliamo di andare a scuola per diventare un insegnante, un autista di autobus, un dottore, qualunque cosa, ma non ho scelto di essere nella prostituzione. No.” Queste erano le risposte che le donne prostituite davano ai/alle ricercatori/trici. Tutte avevano una storia documentata di abusi sessuali o altre forme di abuso subiti durante l’infanzia; erano donne con una bassa autostima, che pensavano di non valere nient’altro che vendere i loro corpi e avere a che fare con i compratori di sesso.
“Beh, ho i miei bisogni da soddisfare. Ho sposato mia moglie e non voglio fare certe cose con lei. Mi piace guardare i portali. Sai, in un certo senso sono gentile perché sono solo ragazze pigre che scelgono di vendere i loro corpi”. I ricercatori ricevevano dai cosiddetti “clienti” questo tipo di risposte, che divennero pubbliche assieme ai risultati della ricerca stessa.
La maggior parte degli/delle svedesi sosteneva di non voler vivere in una società del genere. «Iniziò un grande dibattito su come combattere la prostituzione e ci fu uno scontro tra regolamentaristi, proibizionisti e abolizionisti.» spiega Per Anders.
«La Svezia è stato il primo Paese ad avere questa legge che prevede una sanzione per i compratori di sesso o la reclusione. Credo che fosse fino a sei mesi allora. La legge è cambiata e oggi risulta esserci una reclusione fino a un anno. C’è anche una proposta, che è in Parlamento in questo momento, per cui non ci dovrebbero essere multe, perché se compri sesso è violenza contro un’altra persona, e la conseguenza è la prigione, punto. Sono molto entusiasta di avere questo cambiamento legale.»

Ancora oggi, a più di vent’anni dall’entrata in vigore della legge svedese contro la prostituzione, si assiste alla pubblicazione di fake news sui giornali, secondo le quali la legge non sarebbe efficace e addirittura impedirebbe alle donne prostituite di essere madri, privandole della custodia dei figli. Per Anders ha sottolineato, invece, che solo raramente è stata tolta la custodia dei figli, non perché la madre si prostituisse, ma perché vi era la presenza di abuso di sostanze e di altre problematiche che potevano mettere in pericolo il minore.
E dall’entrata in vigore della legge, in Svezia la prostituzione di strada si è dimezzata e da allora è diminuita, invece che diventare clandestina, come era convinzione diffusa.
«Questa legislazione è per noi un grande strumento – ha aggiunto Sunesson. E in realtà ha messo in sicurezza coloro che si prostituiscono. Chi vende sesso non rischia di essere accusata di niente o di andare in galera, ma è il compratore di sesso che finisce in carcere.»

Germania e Svezia a confronto

La Germania, negli anni duemila, ha deciso di regolamentare la prostituzione. Da allora i dati dicono che 86 donne sono state uccise mentre si prostituivano. «Sia la polizia svedese che l’Interpol affermano nei loro rapporti che il modello svedese è riuscito a fermare la criminalità organizzata. La Svezia non è un mercato interessante. Non c’è abbastanza domanda e non abbastanza uomini che chiedono donne nella prostituzione».
La domanda di sesso in Germania è aumentata del 30%. «Ci sono circa 1,2 milioni di acquisti di sesso ogni 24 ore e store che servono fino a 1000 uomini ogni 24 ore – ha sottolineato Per-Anders. Dal 2002 si sono registrate solo 46 persone, il 6% delle donne che si prostituiscono».

L’ambasciatore ha raccontato anche delle sue difficoltà durante la carriera diplomatica, di come ci fosse un silenzio assordante riguardo la prostituzione. Era un argomento troppo sensibile che nessuno voleva affrontare, soprattutto attraverso una prospettiva femminista e abolizionista.
Dal 2018 però la mentalità nell’ambiente diplomatico è cambiata e l’ex ambasciatore ricorda l’appoggio che rappresentanti da Germania e Paesi Bassi avevano mostrato durante un convegno nei confronti della prostituzione «l’elefante nella stanza, e sul fatto che se non ci fosse richiesta di donne prostituite, non avremmo la tratta».
Ma questo non basta a fermare la tratta, i cui profitti per gli sfruttatori sono ingenti.

Sunesson si è soffermato anche su un altro aspetto legato all’industria del sesso, ossia la pornografia.
«Sono molto preoccupato che la cultura sempre più sessualizzata e pornografica in cui viviamo, dove l’educazione sessuale per molti/e bambini/e è guardare il porno, prenda sempre più piede. Non c’è sufficiente educazione sessuale nelle scuole. Su PornHub c’è solo violenza, non è il porno di anni fa. C’è follia, soffocamento, uomini che picchiano le donne ed è a questo che i nostri bambini e le nostre bambine possono accedere semplicemente aprendo i loro smartphone. È qui che ricevono la loro educazione sessuale e mi spaventa che si stia normalizzando».
Nonostante ciò, si è detto molto ottimista sui progressi fatti negli ultimi anni, in particolare sull’adozione, nel 2016, della legge abolizionista in Francia in materia di prostituzione, che ha cambiato radicalmente la mentalità dei francesi, orientati a considerare la prostituzione come violenza sulle donne. «È in corso un dibattito in parecchi Paesi sulla necessità di combattere la domanda di donne nella prostituzione, sullo sfruttamento sessuale, e se l’uomo debba essere autorizzato oppure no a comprare l’accesso al corpo di qualcun altro. Credo che ci sarà un cambiamento nel sistema tedesco. Il dibattito è in corso anche in Inghilterra. Penso che ci sia una proposta pronta in Scozia per la legge nordica, il Sudafrica ha una discussione in corso. E sono così felice del Primo Ministro in Spagna, Sanchez, che in diverse occasioni ha affermato di voler abolire la prostituzione. Quindi sono fiducioso».

Questa volontà di non abbandonare la lotta è la stessa che ha caratterizzato tutte le scelte e le azioni di Adelina, è la stessa della sopravvissuta colombiana, che temeva per il futuro delle altre donne e delle loro figlie se il governo avesse deciso di legalizzare l’acquisto di sesso. E sono le stesse parole di molte altre sopravvissute alla prostituzione nel mondo.

Questo articolo è stato scritto in collaborazione con Giulia Poletti.