Nawal El Saadawi, femminista egiziana, medico, attivista, autrice, psichiatra, docente universitaria e molto di più, ci ha lasciati il 21 marzo scorso, all’età di 89 anni. Ha ottenuto riconoscimenti internazionali per i suoi innumerevoli contributi alle lotte femministe, la sua coraggiosa onestà e determinazione, per cui è stata anche imprigionata nel 1981 per due mesi con l’accusa di “attaccare il sistema dominante”.

La nostra direttrice Esohe Aghatise condivide il suo pensiero sulla straordinaria femminista e attivista per i diritti umani.

Ho incontrato Nawal El Saadawi a Londra nel 2015 all’Housemans Bookshop in Caledonian Road, dove eravamo state entrambe invitate a parlare delle mutilazioni genitali femminili. Sono rimasta colpita da come si esprimesse così liberamente, senza alcuna censura, e condividesse le sue posizioni anticonformiste e, tenendo conto del suo contesto personale, piuttosto rivoluzionarie. Nel corso di quella chiacchierata, venne sollevata la questione delle circoncisioni maschili. Lei fu abbastanza ferma e chiara sul fatto che entrambe le circoncisioni, maschile e femminile, sono mutilazioni genitali di parti del corpo sane. Proseguì esprimendo il suo punto di vista sulle relazioni economico-politiche a livello regionale e internazionale e sul loro impatto su donne e ragazze. Aveva idee molto chiare sulle relazioni di genere e non aveva nessuna paura ad esprimerle.

Ho ammirato soprattutto il suo coraggio, la sua energia e determinazione e avrei voluto trascorrere più tempo ad imparare da lei. Mi aveva invitata a farle visita a Il Cairo e, sebbene ci fossimo sentite un paio di volte, non sono mai riuscita ad andare. Una grande occasione mancata, con la quale dovrò convivere. La sua scomparsa è una grande perdita per i diritti delle donne e per tutto il mondo.

Buona parte del lavoro di El Saadawi è frutto delle sue esperienze personali, che riguarda anche l’aver subito la mutilazione genitale femminile (MGF) all’età di sei anni. “Fin dall’infanzia questa profonda ferita sul mio corpo non è mai guarita”, scrisse nell’autobiografia. Proprio sette anni più tardi scrisse il suo primo racconto, uno tra gli oltre 55 libri scritti nel corso della sua carriera. Nel 2011 il New Yorker ne scrisse.

Nel 2019, in un’intervista al Guardian, disse: “Non rimpiango nessuno dei miei libri. Se ricominciassi ora la mia vita, scriverei gli stessi libri. Sono tutti importanti, ancora adesso: le questioni di genere, di classe, il colonialismo (sebbene allora fosse inglese e ora è americano), le mutilazioni genitali femminili e quelle maschili, il capitalismo, la violenza sessuale ed economica”.

Il suo attivismo a favore dei diritti delle donne e dell’autonomia del corpo fu una delle forze trainanti alla base di molte delle riforme in Egitto, compresa la criminalizzazione delle MGF. Lottò anche per l’uguaglianza di genere e si espresse anche a favore del ruolo delle donne nella società e nell’Islam. Quando nel 2018 le venne chiesto, durante un’intervista per Channel 4, come si sarebbe descritta, El Saadawi rispose:

“Un essere umano, una scrittrice. Sì, una dissidente. Una donna, una persona che cerca di esprimere se stessa in modo autentico e pagando con la propria vita per esprimere ciò in cui crede”.